DONNE, LAVORATRICI E MADRI AI TEMPI DELL’EPIDEMIA. VADEMECUM PER SOPRAVVIVERE E, MAGARI, USCIRNE ANCHE VITTORIOSE E MIGLIORI.

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Solo l’altro ieri stavate correndo trafelate e sudate verso la vostra auto parcheggiata controllando ogni 30 secondi l’orologio, neanche aveste la speranza recondita che il tempo potesse in qualche modo fermarsi. Imprecando silenziosamente verso l’ennesimo semaforo rosso stavate arrivando, sgommando davanti alla scuola per recuperare vostro figlio (e il suo zaino megagalattico) con lo sguardo desolato e stanco e, mentre lanciavate la merenda sul sedile posteriore ingranando la seconda, vi stavate dirigendo decise verso la piscina, pronte per una lezione di nuoto di un’ora (perché il nuoto è importante, fa bene alla schiena) durante la quale approfitterete per chiamare l’idraulico che la lavatrice perde, pagare un bollettino scaduto sulla banca on line, prenotare il parrucchiere per sabato che la ricrescita sta assumendo le sembianze di un criceto comodamente accucciato sulla vostra testa.

E ora?
Ora basta.
Il sipario si è chiuso.
Le luci spente.
Niente più code alla cassa del supermercato, niente più pausa pranzo al baretto vegano, niente più riunioni tra colleghi con i coltelli tra i denti, insomma niente di niente.
Nel giro di una manciata di giorni, siamo passati dall’identificazione di un caso isolato di coronavirus e dalla ricerca spasmodica dell’uomo zero come qualcosa di così inimmaginabile da meritare 62 ore di attenzione mediatica, all’assistere impotenti e angosciati al propagarsi di una surreale pandemia globale con tutti i numeri inquietanti e le raccomandazioni disperate che essa comporta.
Dubito esista qualcuno che possa sinceramente dire che se l’aspettava.
Non stiamo a girarci troppo intorno, siamo tutti sotto shock.
E ognuno di noi reagisce a proprio modo, cercando in maniera più o meno intelligente e funzionale di sopravvivere a qualcosa che nessun vivente aveva mai pensato di dover affrontare nel corso della propria esistenza: la reclusione dentro le mura domestiche.

E vi diro’ di più. Per alcune di voi le cose si complicano ulteriormente: la reclusione avviene con i propri figli.
Lavorare da casa in compagnia dei propri bambini sembra un’impresa più ardua del cammino di Santiago.
Senza contare che, se i pargoli hanno raggiunto l’età scolare, ci si trova anche alle prese con una sorta di home schooling dei poveri, che si intreccia al resto del caos casalingo in una miscela grottesca che non sembra possibile possa durare più di 24 ore senza omicidi.
E INVECE SI’. Può e soprattutto DEVE.
Ora si tratta di capire COME.